Girare per i mercati di Accra significa essere invasi da un’infinità di colori e odori. Un concerto a cielo aperto di suoni, percussioni e danze africane.
Mi trovo al mercato delle Arti, in prossimità dell’Oceano, dove dietro sorge un piccolo villaggio di pescatori.
Cammino tenendo stretto lo zaino al petto, sapendo che appena entrerò sarò assalita da mille persone e richieste: “madaaaaame, come here pls, where do you come from???”
All’inizio appare stressante ma poi diventa tutto cosi folcloristico. Sono una bianca, e come un faro di luce nel buio, confondersi è impossibile.
Mi scambiano spesso per spagnola, non penso per le mie fattezze, ma perché il turismo spagnolo è molto presente qui in Ghana. A ogni modo, appena preciso che sono italiana, parte un classico: l’elenco dei giocatori di calcio, tipo formazione calcistica. Sorrido, mentre continuo a curiosare tra gli articoli, a mala pena riesco a riconoscere alcuni calciatori, per la loro pronuncia un po’ buffa e la mia profonda ignoranza calcistica.
Un altro classico è parlare di Chiesa, Vaticano, Papa. Alla domanda: “A Roma, lo hai conosciuto il Papa?!” Ammetto di aver mentito…quel “SI” ancora rimbomba nelle mie orecchie, ma non potevo deluderli. Ho dato la risposta più ovvia che in quel momento un cristiano cattolico avrebbe voluto sentire.
E tra una curiosità e l’altra, cominciamo a trattare sui prezzi, decisamente molto alti e occidentali per un mercato africano. Così con calma cerco di fargli capire che non sono disposta a pagare così tanto.
Negoziare i prezzi ai mercati o per esempio, discutere con un tassista affinché la corsa sia onesta, significa garantire che il prezzo sia rapportato alla vita locale e proteggere i prossimi turisti che si recheranno nel paese!
L’aspetto che umanamente mi ha toccato di più è stato quando a un venditore, poco malleabile sui prezzi, ho spiegato perché fossi in Africa: “Sono stata in un villaggio sperduto al confine con il Togo. È una zona particolarmente povera, con condizioni di vita dure. Ho deciso di destinare in questo villaggio, i soldi che avevo raccolto in Italia, per costruire una scuola e seguire personalmente i lavori. Te ne parlo perché mi stai trattando da bianca ma come vedi io non sono qui per sfruttarvi, quindi fai lo stesso anche tu!”
Il viso del ragazzo cambia, tira fuori un sorriso genuino, mi fa qualche domanda, curioso di capire come e dove fosse di preciso questo Villaggio. E infine, mi ringrazia, chiedendomi di tornare presto ad aiutare il suo paese.
Per la prima volta in Africa, e solo in quel preciso istante, sono riuscita a sentirmi davvero uguale nella diversità.
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